Visitabile fino al 30 gennaio 2024 presso l’ADI Design Museum di Milano la mostra Storia del car design e restauro dell’auto d’epoca. Regine dell’esposizione sono alcuni pezzi unici, o quasi, tra i più preziosi della Collezione Lopresto. Scopriamole insieme.
Indice dell’articolo
L’importanza del car design e del restauro
La storia del car design italiano è tra le esperienze che più hanno condizionato ed evoluto il settore dell’automobile a livello mondiale. Portatori di innovazione, capacità e creatività sono stati, in particolare, i carrozzieri. Pininfarina, Bertone e Touring Superleggera (solo per citarne alcuni) sono nomi indissolubilmente legati all’evoluzione dell’automobile e del suo design. Va da se che per poter illustrare il loro apporto a questa storia sia stato necessario unire più forze.
La prima forza è quella che dà gli spazi a questa mostra: parliamo dell’Adi Design Museum, la casa della Collezione storica del premio Compasso d’Oro, gestito dalla Fondazione ADI (Associazione per il Disegno Industriale) Collezione Compasso d’Oro con lo scopo di conservare e valorizzare quanto costruito dal 1954 ad oggi.
La seconda forza, ma non per questo meno importante, è la Collezione Lopresto: nata dalla raccolta di auto d’epoca dell’architetto e imprenditore Corrado Lopresto, è oggi la più importante collezione di prototipi e pezzi unici italiani al mondo. Un vero e proprio punto di riferimento internazionale per la storia, la ricerca e la cultura del car design italiano e la sua conservazione.
E, proprio parlando di conservazione e restauro, non si può non citare l’Accademia di Belle Arti Aldo Galli – IED Network che, proprio negli spazi della mostra, si occuperà del restauro conservativo della Fiat 2100 Savio. Ad eseguire il restauro di questa fuoriserie, anch’essa parte della Collezione Lopresto, alcune studentesse del corso Diploma Accademico Quinquennale in Restauro.
Le auto della Collezione Lopresto in esposizione
– Alfa Romeo 6C 2500 SS Coupè Bertone (1942)
L’auto più antica dell’esposizione è questa Alfa Romeo a 6 cilindri carrozzata da Bertone. Un’auto dalla quale è impossibile distogliere lo sguardo: le sue forme sinuose e aerodinamiche sono l’espressione di una rivoluzione partita negli anni ’30 che pone al centro l’aerodinamica. E’ nel corso di quel decennio che, con l’avvento dello Streamline, compaiono linee curve e arrotondate, nella quali i parafanghi si integrano sempre più con la carrozzeria. Divenendone alla fine parte integrante.
Dotata di un motore 6 cilindri di 2.443 cm3 da 110 CV, l’Alfa Romeo 6C 2500 SS Coupè Bertone è un esemplare unico realizzato su richiesta del primo proprietario. A disegnare questa vettura fu il famoso designer Mario Revelli de Beaumont, un vero e proprio idealista e innovatore dell’automobile.
Restaurata nel 2010, la 6C 2500 SS Coupè Bertone ha ricevuto premi e riconoscimenti in tutto il mondo. Tra questi, citiamo il concorso di eleganza di Pebble Beach e quello di Villa d’Este.
– Lancia Florida Pinin Farina (1955)
Basta uno sguardo verso questa Lancia Florida per intuire l’importanza che quest’auto ha avuto sulla storia della Lancia e sull’evoluzione del design automobilistico. Non sfugge infatti che proporzioni, lineamenti ed anche dettagli della Lancia Flaminia del 1957 siano molto simili a quelli che troviamo proprio sulla Florida della Collezione Lopresto esposta nella mostra presso l’ADI Design Museum.
Eppure, questa Lancia Florida di Pinin Farina, all’epoca ancora così scritto, non nasce come prototipo o visione della futura ammiraglia Lancia. Bensì come prototipo di coupè a 2 porte da esporre durante il Salone di Torino di quell’anno e da vendere durante lo stesso, come regolarmente avvenne.
Il proprietario della Lancia Florida decise di far partecipare la sua 2 porte a molti concorsi d’eleganza: Cortina, Lucerna, Ginevra, Campione d’Italia e tanti altri. Ma, dovunque fosse esposta, quest’opera di Pinin Farina ottenne sempre premi e riconoscimenti.
Forse proprio per questo Pinin Farina decise di allestire altre 3 o 4 Florida (il numero preciso non è noto). Non più, però, con carrozzeria coupè, ma con il corpo vettura di una berlina a 4 porte con un disegno anticipatorio di quello della Lancia Flaminia di produzione.
Curiosamente, la versione Coupè della Flaminia costruita da Pininfarina sarà molto diversa dalla prima Florida, che è quindi rimasto a tutti gli effetti un esemplare unico. Comunque in grado di influenzare, con la pulizia delle sue linee e la composizione delle sue superfici, l’intero design automobilistico mondiale.
– Osca 1600 GT Touring (1961)
OSCA, ossia Officine Specializzate Costruzioni Automobili, è uno di quei nomi che per la bassa magnitudo produttiva, ed il peso tutto sommato limitato che ha nell’immaginario collettivo, spesso non riceve le attenzioni che meriterebbe. Non fosse altro che a fondare nel secondo dopoguerra questa piccola Casa emiliana sono stati i fratelli Maserati.
Focalizzata sulle competizioni e le vetture da corsa, la prima Osca stradale arriva nel 1960: è la 1600 GT. Prodotta in un centinaio di esemplari, la maggior parte delle Osca 1600 GT sono carrozzate da Zagato come berlinette. Ma non per tutte è così: in particolare due esemplari giungono nelle mani della Carrozzeria Touring, che realizza per loro un corpo vettura coupè.
Le 1600 GT Touring non sono importanti solo in virtù della loro rarità. Ma, sopratutto, per le caratteristiche realizzative e le innovazioni che portano con loro. Anzitutto, per la tecnica di costruzione “Superleggera” – vero marchio di fabbrica del carrozziere milanese: grazie all’uso di sottili pannelli di alluminio montati su una struttura di tubi d’acciaio, la Touring garantisce alle sue realizzazioni un peso molto contenuto. Una leggerezza che esalta le prestazioni del motore Osca di 1.568 cm3 da 95 cv, che spinge quest’auto fino ai 190 km/h.
Come si accennava, su questa Osca 1600 GT non mancano le innovazioni. La Touring utilizzò alcuni suoi brevetti proprio su questo esemplare, mostrato al Salone di Torino del 1961: ne sono un esempio il lunotto concavo e la ruota di scorta estraibile dalla portiera del passeggero.
– Alfa Romeo Giulietta SZ Zagato (1961)
Una delle applicazioni aerodinamiche più sorprendenti è stata l’introduzione della coda tronca. Teorizzata dall’ingegnere di origine svizzera Wunibald Kamm già negli anni ’30, questa soluzione fu concretamente realizzata solo negli anni ’60. Quando, in modo assolutamente empirico, l’idea che una forma tronca offrisse risultati migliori di una linea a goccia fu riconsiderata da Elio Zagato ed l’allora giovane designer Ercole Spada.
Come? Prendendo una Alfa Romeo Giulietta SZ, realizzata per le corse granturismo, e applicandovi alcune modifiche riguardanti la sola carrozzeria. Parliamo di un frontale allungato, di un’altezza ridotta di 4 cm, e di un posteriore anch’esso più lungo ma, sopratutto, tagliato in modo netto in coda. Nasceva così l’Alfa Romeo Giulietta SZ Coda Tronca, un vettura che, senza alcuna modifica meccanica, consentiva un incremento di circa 20 km/h di velocità massima e 400 giri in più del motore rispetto al massimo previsto per la SZ “coda tonda”.
L’esemplare esposto nella mostra Storia del car design e restauro dell’auto d’epoca è il prototipo sul quale nell’aprile 1961 Elio Zagato ed Ercole Spada eseguirono i test in autostrada, verificando tramite le pietre miliari l’incremento delle prestazioni. Questo prototipo, caratterizzato dal numero di telaio 00170, fu ritrovato nel 2014 nelle vicinanze di Philadelphia e avviato al restauro.
Non un restauro qualsiasi: utilizzando tecniche museali inedite nel mondo dell’auto d’epoca, è stata toccata solo metà della vettura rispettando la particolarità dell’esemplare. Ne è un esempio la vernice originale, che è stata solamente pulita, permettendo così il confronto con le condizioni del ritrovamento. Un restauro che ha consentito a questa Giulietta SZ Coda Tronca della Collezione Lopresto di essere premiata dalla FIVA al Concorso d’Eleganza Villa d’Este, ottenendo addirittura il patrocinio dell’Unesco.
– Fiat 2100 Berlina Speciale Savio (1961)
Fulcro dell’intera esposizione, la Fiat 2100 Berlina Speciale Savio è protagonista di un restauro conservativo operato dall’Accademia di Belle Arti Aldo Galli. Un’ulteriore testimonianza che l’opera dei carrozzieri italiani ha legami strettissimi con l’arte e le sue tecniche.
Anche quando si parla di un nome “minore”, come quello della carrozzeria come Savio, famoso sopratutto per la 600 Jungla. Fondata a Torino nel 1919, la Savio si occupa principalmente di costruire carrozzerie e veicoli speciali Fiat e di lavorazioni in conto terzi. Ma non mancano le fuoriserie, anch’esse su base Fiat, come la 2100 qui esposta.
Di questa Fiat 2100 Savio è possibile notare le belle ed eleganti proporzioni, nonché la verniciatura bicolore ispirata alle realizzazioni d’Oltreoceano, e il lunotto posteriore avvolgente. Tutti elementi che donano modernità e dinamismo a un’auto molto elegante e rigorosa.
Quest’auto è un esemplare unico, ritrovato in ottime condizioni di originalità e già mostrato al grande pubblico durante l’edizione 2022 di Milano Auto Classica.
– Alfa Romeo Montreal Bertone (1970)
Gli anni ’70 vedono una totale rivoluzione dell’estetica dell’automobile, della quale i carrozzieri italiani sono ancora una volta i precursori. Un fenomeno già visibile alla fine degli anni ’60, con creazioni quali la Lamborghini Marzal di Bertone del 1967, l’Alfa Romeo 33 Carabo del 1968 e anch’essa di Bertone, nonché la Bizzarrini Manta di Giugiaro/Italdesign del 1968 e l’Abarth 2000 Scorpione di Pininfarina del 1969. E che ha raggiunto il suo apice, assieme forse all’intero car design, con la Ferrari 512S Berlinetta Speciale di Pininfarina del 1969, la Lancia Strato’s Zero di Bertone del 1970 e la Ferrari 512S Modulo di Pininfarina del 1970.
E’ in questo quadro che si pone l’Alfa Romeo Montreal, supercar che porta in produzione alcune soluzioni e idee viste sui prototipi prima citati. Come la linea a cuneo, un forte progresso della ricerca aerodinamica applicata all’automobile.
L’esemplare appartenente alla Collezione Lopresto ed esposto all’ADI Museum non è una normale Montreal. Si tratta del prototipo mostrato al Salone di Ginevra del 1970, nonché della seconda Montreal costruita. Rispetto alla versione di serie presenta molte differenze di dettaglio e gli interi interni, realizzati con gli stessi vistosi tessuti color verde acido usati dalla Lamborghini Miura, anch’essa costruita da Bertone.
– Fiat Panda Valentina Scioneri (1990)
Può una popolare Fiat Panda essere un’esemplare unico? Si, se si tratta di una versione allestita da un carrozziere che, negli anni ’80, si specializzò proprio nella personalizzazione di vetture Fiat. E’ il caso della Scioneri che, come altre realtà della carrozzeria italiana (citiamo qui la Moretti, solo per fare un nome), terminata l’epoca delle fuoriserie si è dovuta reinventare e trovare nuove nicchie di mercato.
Con la Fiat Panda Valentina esposta al Salone di Torino del 1990 la Scioneri realizza una Panda veramente unica. La Valentina presenta infatti una carrozzeria interamente rivestita di un tessuto rosso con effetto velluto, fatto che la rende molto visibile, forse vistosa, senza però scadere nel “folclore”. In realtà la Panda Valentina ha anche altri dettagli unici, come le coppe ruota a specchio ed elementi interni specifici.