La storia di Bianchi e Autobianchi è stata trattata poche volte in modo unitario. Dalle auto Bianchi alle Autobianchi dell’Ing. Colombo tenta di colmare questa lacuna.
Indice dell’articolo
- Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: il contesto
- L’autore di Dalle auto Bianchi alle Autobianchi
- Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: la recensione
- Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: i punti di forza
- Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: i punti di debolezza
- Il giudizio finale su Dalle auto Bianchi alle Autobianchi
Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: il contesto
Tutti gli appassionati di auto conoscono, per lo meno a grandi linee, il percorso dell’Autobianchi. La nascita con la fuoriserie di serie Bianchina, passando per le doti di brillantezza – finanche rallystiche – della A112. Col punto finale scritto dalla Y10, l’auto che piace alla gente che piace.
Ma l’Autobianchi, sfruttando una metafora calcistica, è solo il secondo tempo di una storia nata alla fine dell’Ottocento. In contemporanea, se non prima, alla creazione della Fiat: è infatti il 1899 l’anno in cui la Bianchi, già conosciuta per le sue biciclette e le sue moto, inizia la produzione delle prime autovetture. Portando così a compimento alcuni studi già iniziati nel 1897.
Di tutto questo tratta il volume Dalle auto Bianchi alle Autobianchi, che si propone non solo di colmare le lacune dei lettori sul “primo tempo” della Bianchi, ma anche di esplorare gli obiettivi e gli avvenimenti che portarono alla fondazione dell’Autobianchi. Per concludersi con la chiusura dello stabilimento di Desio del 1992 e l’uscita di scena della Y10 nel corso del 1996.
L’autore di Dalle auto Bianchi alle Autobianchi
A cimentarsi in quest’opera è stato l’Ing. Sandro Colombo, scomparso nel 2022. Un uomo che, in tutta la sua vita professionale, ha sempre messo al primo posto il motorismo: dopo la laurea in ingegneria meccanica conseguita al Politecnico di Milano nel 1947, ha prestato il suo servizio in aziende come Gilera, Innocenti, Ferrari, Magneti Marelli e Piaggio.
Non di meno, l’Ing. Colombo fin dagli esordi ha unito la sua passione per la tecnica con quella per la scrittura e la divulgazione: in gioventù ha collaborato con la rivista Interauto – Auto Moto Avio mentre in tempi più recenti – parliamo degli anni ’90 – ha diretto le riviste Auto Tecnica e Moto Tecnica.
Una conoscenza della materia sicuramente importante, nonchè diretta. Ma l’esperienza fondamentale nella stesura del volume Dalle auto Bianchi alle Autobianchi (edito nel 2013) e del precedente Le moto della Bianchi è la consulenza prestata proprio alla Bianchi negli anni dal 1954 al 1958, che gli hanno permesso di fornire una testimonianza diretta di ciò che era l’azienda lombarda in quegli anni.
Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: la recensione
– La prima parte: nascita ed evoluzione della Bianchi
Il volume – che, lo ricordiamo, è stato edito nel 2013 dalla Libreria Automotoclub Storico Italiano – si compone di 222 pagine ed inizia (e non potrebbe essere altrimenti) con una panoramica sulla figura del fondatore Edoardo Bianchi e degli esordi della sua attività. L’opera prosegue focalizzandosi sulla nascita delle prime vetture Bianchi e sulla loro evoluzione.
In questa prima parte, che potremmo dire protrarsi fino alla Prima Guerra Mondiale, si nota un’attenta e ricca ricerca: dettagli come l’evoluzione della ragione sociale e la descrizione degli ampliamenti ricevuti dalla sede e dalla fabbrica ne sono la testimonianza. Allo stesso modo, lo studio e la ricerca di informazioni sui cataloghi dell’epoca consente di osservare la crescita della Bianchi e dei suoi modelli, di cui sono forniti anche molti dettagli tecnici e di mercato. Non mancano le curiosità relativa alla presenza di vetture Bianchi nelle competizioni e l’impegno nelle forniture militari proprio nell’ambito della Grande Guerra.
Questa ricchezza di informazioni prosegue nella descrizione delle attività e dei modelli Bianchi relative al periodo tra le due guerre, anche grazie alla riproduzione di manifesti pubblicitari e copertine di riviste dell’epoca, presenti anche nei capitoli precedenti. Ciò che inizia a venir meno è un’attenta descrizione e analisi della Bianchi sul mercato, in anni in cui c’è un forte incremento delle vendite complessive e la piena affermazione della Fiat. Un contesto che il volume in oggetto non riesce a inquadrare e descrive appieno.
– La seconda parte: arrivano le Autobianchi
Al netto di quanto poco sopra osservato, si può comunque affermare che la parte relativa al periodo Bianchi convince. Non è purtroppo possibile affermare lo stesso per i capitoli relativi all’Autobianchi. Ne sono un emblema le sole due pagine dedicate alla nascita dell’Autobianchi, che poco aggiungono a quanto già letto sull’argomento. Eppure, prima di accordarsi con la Fiat e la Pirelli per la costruzione della Bianchina, la Bianchi realizzò una serie di studi e di prototipi per tornare autonomamente alla produzione automobilistica. Ma di questo periodo e di questi prototipi sembra non essere stata attivata alcuna ricerca – o per lo meno è questo ciò che traspare leggendo le poche righe scritte sull’argomento.
Il resto dei capitoli proseguono sullo stesso tenore, limitandosi ad una descrizione delle caratteristiche tecniche dei modelli Autobianchi – peraltro anche con diverse imprecisioni – che poco soddisfano le curiosità del lettore. Poco o nulla viene raccontato sui prototipi a marchio Autobianchi lanciati tra gli anni ’60 e ’70, sugli accordi con la Citroen per la distribuzione in Francia delle auto prodotte a Desio (utili per conoscere e capire, ad esempio, il successo riscosso Oltralpe della Primula e dalla A111). Ma molto poco è raccontato anche sull’acquisizione da parte della Fiat e sulla successiva integrazione nella Lancia. Fino alla chiusura dello stabilimento e del marchio.
– Non solo auto: anche veicoli commerciali ed industriali
Un elemento di pregio è costituito dal tentativo di descrivere il settore aziendale relativo alla costruzione di veicoli commerciali e industriali Bianchi ed Autobianchi. Una storia non certo facile da ricostruire oltre ad essere pressochè sconosciuta, che Dalle auto Bianchi alle Autobianchi riesce a raccontare. Seppur focalizzandosi sull’aspetto tecnico dei prodotti.
Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: i punti di forza
- Completezza e ricchezza delle informazioni della parte compresa tra la fine dell’Ottocento e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale;
- Presenza di molte immagini e manifesti d’epoca;
- Sezione relativa ai veicoli commerciali e industriali.
Dalle auto Bianchi alle Autobianchi: i punti di debolezza
- Sezione dedicata all’Autobianchi povera di informazioni e con diverse imprecisioni;
- Presenza di dati, tecnici e non solo, riportati in maniera eccessivamente didascalica: la lettura ne risulta rallentata e appesantita;
- Mancanza di un completo inquadramento dell’azienda nel contesto socio-economico e di mercato delle epoche attraversate.
Il giudizio finale su Dalle auto Bianchi alle Autobianchi
La lettura dell’opera parte nel migliore dei modi: il lettore si sente avvolto da un contesto completo, ricco di informazioni e aneddoti che preludono ad un esauriente soddisfacimento di conoscenza e curiosità sulla storia dei due costruttori. Purtroppo questa sensazione sfuma poco a poco che si ci avvicina alla fine della Bianchi, per perdersi totalmente nella lettura dei capitoli dedicati all’Autobianchi. Ma, sopratutto, ciò che manca in maniera pressochè totale è la parte che, stando al titolo, dovrebbe essere il fulcro del volume: il passaggio dalle auto Bianchi alle Autobianchi.
La conseguenza è che al lettore, terminato il libro, resta una sensazione di amaro in bocca per non aver completamente soddisfatto la propria fame di sapere su un argomento che l’editoria specializzata non ha mai trattato in modo pienamente soddisfacente.
Ciò detto, di Dalle auto Bianchi alle Autobianchi si apprezza comunque il tentativo di dare unitarietà alla storia delle due aziende. Nonchè l’accensione di un faro sulle gesta della Bianchi, una delle principali rivali del colosso Fiat nell’Italia del Ventennio.