In pochi ricordano il nome di questo carrozziere torinese, dalle grandi abilità e qualità. Eppure, la Carrozzeria Savio ha avuto un importante ruolo di innovazione nel settore, pur sviluppandosi spesso nell’ombra.
Indice dell’articolo
- Introduzione: i nomi della Carrozzeria Italiana
- I fratelli Savio e la nascita dell’attività
- La Carrozzeria Savio degli anni ’30: il rapporto con la Fiat
- L’addio dei Savio alla loro impresa
- Le Fuoriserie: un pilastro della Carrozzeria Savio
- Il rilancio della Carrozzeria Savio: la gestione Caracciolo
- La Savio 2100 Berlina Speciale del 1961
- La best-seller Savio: la 600 Jungla
- Le ultime fuoriserie e l’incastro nel tema Jungla
- L’impegno nei veicoli speciali e l’unione con Boneschi
Introduzione: i nomi della Carrozzeria Italiana
Pininfarina, Bertone, Zagato, Ghia: sono solo alcuni dei nomi che costellano l’universo della grande Carrozzeria italiana del Novecento. Nomi spesso conosciuti anche fuori dalla cerchia di appassionati di automobili. Eppure, accanto a queste (ed altre) stelle del saper fare, ci sono firme meno note. Ma non, per questo, di minor valore: è un discorso che riguarda le competenze tecniche, creative e qualitative di valore comunque altissimo. E’ il caso della Carrozzeria Savio, recentemente tornata agli onori delle cronache per il recupero della Fiat 2100 Berlina Speciale Savio, esemplare unico appartenente alla Collezione Lopresto. Ripercorriamo le fasi – e le creazioni – principali dello sviluppo di questo carrozziere piemontese da riscoprire.
I fratelli Savio e la nascita dell’attività
L’origine della Carrozzeria Savio viene da lontano. Bisogno tornare alla fine dell’Ottocento per incontrare i due giovani fratelli Antonio e Giuseppe Savio lavorare nell’attività di Marcello Alessio, costruttore torinese di carrozze. E’ qui che i Savio imparano l’arte della carrozzeria e, sopratutto, della costruzione di carrozzerie per automobili: Marcello Alessio ha infatti l’intuizione di convertire (con tempismo perfetto) l’attività verso i veicoli a motore. Gli ordini raccolti da Alessio sono numerosi, forse persino eccessivi rispetto alle dimensioni della sua attività.
Quello che potrebbe sembrare un limite è invece l’occasione che permette ai due fratelli Savio di aprire una propria officina a Torino, inizialmente specializzata nella costruzione di scocche in legno (cioè delle ossature su cui sarebbe poi stata applicata la carrozzeria) per conto dello stesso Marcello Alessio. I Savio svolgono i lavori loro assegnati con grande precisione e cura: un’attenzione che vale loro l’appalto per la costruzione di 900 scocche destinate alle Itala carrozzate da Alessio. Il nome Savio ben presto si diffonde in tutto il torinese (ed oltre), garantendo loro ordini da parte di carrozzieri e costruttori di automobili di tutto il Nord Italia: Fiat, Lancia, OM, Ansaldo, ma anche Isotta Fraschini e Alfa Romeo.
La Carrozzeria Savio degli anni ’30: il rapporto con la Fiat
E’ proprio con la Fiat che i fratelli Savio instaurano il rapporto più solido e proficuo. Forte del suo successo sul mercato, alla fine degli anni ’30 la Fiat appalta alla Carrozzeria Savio la costruzione di intere carrozzerie di modelli di larga produzione del marchio torinese. Parliamo di modelli importanti, come la 508 Balilla e la 518 Ardita. Non solo: i Savio sono incaricati anche di costruire la carrozzeria della berlinetta sportiva 508 C Mille Miglia, prima Fiat con fiancata continua (potremmo dire in stile “Ponton”) che incorpora i parafanghi e senza predellino. Proprio la 508 C M.M., rivista e aggiornata, sarà la prima nuova Fiat del dopoguerra col nome di 1100 S.
Sempre negli anni ’30 nasce un altro importante filone dell’attività della Carrozzeria Savio: la costruzione di prototipi e di fuoriserie, con una predilezione per le forme innovative e aerodinamiche. Ne sono un esempio, tra le altre, due interpretazioni della Fiat 508 Balilla del 1934: una Coupè due porte con carrozzeria interamente in alluminio, nonchè una berlina 4 porte chiamata “Berlina Aerodinamica” in virtù della linea particolarmente filante e moderna.
Degli stessi anni è una realizzazione molto particolare: la Fiat 518 Ardita 2000 Box Body. Riprendendo l’esperienza maturata con la costruzione di altre vetture familiari, la Carrozzeria Savio mette su lamiera il disegno di Mario Revelli di Beaumot di un veicolo rassomigliante ad un moderno fuoristrada. Un mezzo decisamente anomalo nel panorama automobilistico degli anni ’30 e senza dubbio in forte anticipo sui tempi.
L’addio dei Savio alla loro impresa
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale è un momento di grandi mutamenti per tutta l’industria. Messe da parte – almeno temporaneamente – le fuoriserie e le carrozzerie delle auto Fiat, i Savio, come molti altri carrozzieri, orientano la loro attività verso la costruzione di ambulanze e veicoli militari.
Le distruzioni colpiscono anche la Carrozzeria Savio, che subisce il pesante danneggiamento dello stabilimento. E che, sopratutto, penetra nell’animo di uno dei due fratelli, Antonio, che preferisce ritirarsi e lasciare l’attività nelle mani del più giovane Giuseppe.
Con la fine delle ostilità, la Carrozzeria Savio (nel frattempo rinominata Stabilimento Savio Giuseppe Carrozziere Automobili) riprende le attività per conto della Fiat, sia per la costruzione di veicoli speciali che per la lavorazione di modelli di serie, come la 1400 B e la 1100 Spider.
Le Fuoriserie: un pilastro della Carrozzeria Savio
In parallelo alle attività in conto terzi e alla costruzione di veicoli speciali, riprende anche l’attività di costruzione di pezzi unici e fuoriserie. In particolare, la Fiat 1100 E del 1950 fu declinata da Savio in varie proposte, tra cui una filante berlina e una versione giardiniera chiamata 1100 Venilia. Le particolarità di quest’auto sono molteplici: se la sua linea ne fa, ancora una volta, una antesignana delle moderne fuoristrada, a colpire è la configurazione giardiniera trasformabile dotata di un tetto retrattile totalmente in tela. Una soluzione in grado di garantire quella rigidezza strutturale invece assente sulle tradizionali cabriolet. E, al tempo stesso, di mostrare le capacità e l’ingegno della Carrozzeria Savio.
Meritevole di nota è anche la Fiat 1400 Landaulet (1950), una tipologia di carrozzeria in voga negli anni ’10 e ’20 che prevedeva la presenza di una capote solo in corrispondenza dei posti posteriori, mantenendo invece il tetto rigido a protezione di quelli anteriori. Una soluzione ripresa nel 1953 con la più grande 1900 Landaulet, che permise nuovamente alla Carrozzeria Savio di farsi notare per la qualità realizzativa e creativa.
Sono questi gli ultimi lavori di Giuseppe Savio, che muore nel corso del 1954. La sua dipartita non coincide però con la fine della Carrozzeria, la cui gestione passa nelle mani del genero Alfredo Caracciolo.
Il rilancio della Carrozzeria Savio: la gestione Caracciolo
La gestione di Caracciolo non solo mantiene in vita l’azienda, bensì è foriera del suo rinnovato successo. La strategia prevede l’intensificazione delle attività in conto terzi e della costruzioni di veicoli speciali (ambulanze e non solo). A tale scopo la Carrozzeria viene spostata a Moncalieri, nella zona di Borgo San Pietro, in un nuovo e più ampio stabilimento. Ma non solo: la realizzazione delle fuoriserie non viene affatto dimenticata. Anzi, proprio di questi anni sono alcune delle proposte più interessanti realizzate da Savio. Contrariamente al passato, le fuoriserie sono costruite in un numero maggiore di esemplari, permettendo una miglior ripartizione dei costi sostenuti per la loro costruzione.
Sono molte le fuoriserie realizzate tra il a cavallo degli anni ’60, la maggior parte su base Fiat. Come la 1500 S Spider del 1959 e la 1500 S Berlinetta del 1960. O come l’interessante Fiat 600 Roadster, ossia una scoperta priva dei vetri laterali. Sempre su base 600, nel 1963 è costruita una coupè in collaborazione con lo stilista Pietro Frua. Da ricordare anche la 500 Elegance del 1958, cioè un aggiornamento della spiaggina presentata da Boano l’anno precedente.
Vediamo nel dettaglio le realizzazioni più meritevoli di questi anni.
– Fiat 500 Spider (1957)
Sono molti i carrozzieri che si cimentarono con la nuova utilitaria di casa Fiat. La Carrozzeria Savio propone un’originale e interessante Spider, presentata al Salone di Torino del 1957. Disegnata da Mario Revelli di Beaumont, di fatto è una piccola roadster due posti senza vetri laterali: una tipologia d’auto a quel tempo in disuso. Rimase un pezzo unico, ma i suoi concetti furono ripresi dalla 600 Roadster del 1961.
– Fiat 1100 Industriale (1959)
Questo veicolo non è una vera fuoriserie. Il suo posto è piuttosto nella famiglia dei veicoli speciali costruiti dal carrozziere piemontese, e testimonia i suoi buoni rapporti con i committenti istituzionali. Infatti, il 1100 Industriale nacque da una commessa dell’Esercito italiano, che ne fece costruire all’incirca 50 esemplari. Da notare lo stile che, come già in altre realizzazioni di Savio, è a metà strada tra quello di un fuoristrada e di una furgonetta.
– Fiat 1300/1500 Coupè (1962)
Un impianto stilistico sobrio, ma gradevole, contraddistingue la linea della coupè basata sul telaio della media Fiat. Molto particolare è lo spigolo che definisce la linea di cintura e di tutta la carrozzeria, a cui si aggiungono dettagli non comuni come il lunotto apribile e i doppi lampeggianti anteriori posti al di sotto dei doppi fari, creando così un curioso effetto simmetrico.
– Fiat 2300 S Coupè (1963)
Una leggenda del design italiano come Giovanni Michelotti firmò lo stile di questa grande coupè costruita sulla base dell’ammiraglia Fiat. Dotata di 4 posti, è caratterizzata da volumi massicci utili a dare importanza all’intera linea, che si presenta invece piuttosto semplice, lineare e facile da costruire. Notevole il frontale, contraddistinto da uno stile moderno e all’avanguardia.
– Fiat Polis (1964)
La Polis del 1964 è l’esempio di come anche un piccolo carrozziere potesse mettere il proprio lavoro ed il proprio ingegno al servizio della ricerca e dell’evoluzione dell’automobile. La Polis, basata sulla Fiat 600D, è una concept car che propone una visione innovativa delle auto da città, con soluzione che saranno poi riprese dai grandi costruttori solo diversi anni più tardi.
Se il frontale e la parte bassa delle fiancate possono ricordare una spiaggina (elemento enfatizzato anche dalla verniciatura bicolore), la parte appena superiore è totalmente originale: un incavo lungo entrambi i lati è utile a contenere le rotaie delle porte scorrevoli. Che, così, sono pienamente integrate nel design dell’auto. Il padiglione, inoltre, gode di amplissime superfici vetrate per garantire la miglior visibilità possibile nel contesto urbano. Una soluzione, quest’ultima, che dona altresì grande ariosità all’interno dell’abitacolo, anch’esso risolto in modo innovativo e del tutto all’avanguardia rispetto alle soluzioni dell’epoca.
La Savio 2100 Berlina Speciale del 1961
Capitolo a parte merita questa berlina quattro porte costruita da Savio su base Fiat 2100 nel 1961. Non per i suoi risvolti commerciali (ne è stato realizzato solo un pezzo), ma perchè in grado di mettere pienamente in risalto le caratteristiche e le abilità della Carrozzeria Savio.
Anzitutto, le proporzioni: eleganti e ben studiate, sono valorizzate dal modellato delle fiancate, il cui elemento distintivo sono i grandi incavi che, partendo dalle portiere anteriori, vanno ad abbracciare i fanali posteriori. Una realizzazione che richiama in modo molto originale le creazioni d’Oltreoceano, e che viene sottolineata dalla particolare verniciatura bicolore.
Quest’impostazione stilistica si conclude con le due pinne posteriori – per la verità appena accennate e molto ben raccordate con tutta la linea del terzo volume – e con il lunotto posteriore avvolgente.
Chiamata anche Savio 2100 Sky, questa bella berlina unisce una linea elegante e rigorosa ad un carattere sorprendentemente dinamico e moderno. Una soluzione così riuscita da essere proposta da Savio anche su altre sue realizzazioni.
La best-seller Savio: la 600 Jungla
Il pezzo da 90 della Carrozzeria Savio non è, però, una fuoriserie. E’, al contrario, una vettura costruita in piccola serie a partire dal 1964: il suo nome è 600 Jungla.
Inizialmente basata sulla Fiat 600 D, la Jungla è un veicolo per il tempo libero, che in certo senso riprende l’esperienza di Savio nella costruzione di carrozzerie che strizzano l’occhio ai fuoristrada. Una tradizione che, come abbiamo visto, affonda le sue radici in alcune realizzazioni degli anni ’30.
La 600 D Jungla propone un corpo vettura torpedo, dalle linee essenziali e molto squadrate: un’evoluzione “avventurosa” del tema delle spiaggine (ne parliamo qui), capace anche di affrontare piccoli percorsi fuori strada.
D’altronde l’origine delle 600 Jungla non è civile: il progetto della vettura venne avviato per offrire un veicolo compatto all’Esercito Italiano. Il mezzo sarebbe dovuto essere anche piccolo, leggero e smontabile, così da poter essere paracadutato direttamente sui teatri di guerra. La realizzazione di Savio è perfetta, ma l’Esercito annullò l’ordine. Da qui, la rapida (e felice) trasformazione in spiaggina.
La 600 Jungla fu realizzata fino al 1974, sopravvivendo quindi alla Fiat 600 D italiana, prodotta fino al 1969. Savio riuscì infatti a sfruttare meccaniche Seat e Zastava per proporre la Jungla fin quando possibile. Costruendone anche versioni molto particolari, come i 300 esemplari con riduttore e quelli con le specifiche richieste dai capitolati di enti e organi statali come Enel, Guardia Forestale e Carabinieri. In tutto furono circa 3.200 le Savio 600 Jungla prodotte.
Le ultime fuoriserie e l’incastro nel tema Jungla
La fortunata formula della 600 D Jungla permise a Savio di superare una fase difficilissima per la carrozzeria italiana: molti nomi storici non riuscirono a sopravvivere all’arrivo degli anni ’70 e del mutato contesto produttivo e di mercato.
Ne è un esempio il fermento generato dall’arrivo della Fiat 128 nel 1969: molti carrozzieri si buttarono a capofitto nella realizzazione di varianti della nuova media Fiat, sopratutto coupè. Le quali, tuttavia, nulla potevano di fronte alla versione di serie prodotta direttamente dal costruttore torinese, la cui efficienza mise ben presto fuori mercato le alternative.
Anche la Carrozzeria Savio propose la sua interpretazione di coupè su base 128: un’esecuzione originale, dove a un frontale corto e raccolto fa da contraltare un coda sfuggente in grado di dare slancio all’intera vettura. Come per le 128 degli altri carrozzieri, anche la Coupè di Savio non incontra il successo sperato e viene presto accantonata. Rimanendo una delle ultime realizzazioni del carrozziere torinese a proporre un concetto diverso da quello di auto per il tempo libero.
Già a partire dalla seconda metà degli anni ’60, infatti, la maggior parte delle proposte di Savio sono vetture che, pur su meccaniche e dimensioni differenti, propongono delle variazioni o delle evoluzioni del tema portato al successo con la 600 Jungla: la Fiat 124 Savana del 1966, la Albarella del 1971 su base Fiat 127, la nuova Jungla del 1976 costruita a partire dalla Fiat 126, la Fiat Panda Freely del 1983 ed altre ancora, fino alle ultime proposte di fine anni ’80. Con le quali la storia della Carrozzeria Savio nelle vesti di costruttore e ideatore di vetture originali ha fine.
L’impegno nei veicoli speciali e l’unione con Boneschi
In considerazione delle difficoltà sempre più evidenti, la Carrozzeria Savio prende l’unica decisione possibile: mettere tutte le proprie risorse, non solo economiche, sulla costruzione di pulmini, scuolabus e carrozzerie per veicoli speciali, come quelle della Lancia Delta S4.
Nel 1995 la Carrozzeria Savio si unisce a un altro nome della carrozzeria italiana: Boneschi. Un’unione necessaria alla sopravvivenza dei due marchi, che hanno dovuto notevolmente rivedere e ridimensionare il loro raggio d’azione, con la vendita degli stabilimenti di Torino, Cambiago e Atessa.
Ad oggi, il gruppo Boneschi si occupa di allestimenti di veicoli sanitari e commerciali e di produzioni di particolari di arredo e componenti complesse nel settore ferroviario. La sede dell’azienda è oggi a Genova, mentre la produzione prototipale e di serie è svolta a Cavenago di Brianza.